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OTTOBRE 2020

Sono stato scelto come schiavo personale dalla suprema Dea Domina Von Lush per accompagnarLa in un Suo tour a Torino, naturalmente servendola e riverendola in tutto.

L’appartamento era bello e adeguato alla situazione, io sono stato relegato nella, come Lei l’ha subito chiamata, “camera del servo”, dotata solo di un armadio e di un divano letto, mentre la Domina prendeva alloggio nella grande camera padronale.

Le mie mansioni erano innanzitutto pratiche, come domestico e sguattero: tenere pulito, preparare la colazione, svolgere commissioni, apparecchiare e sparecchiare, accendere le sigarette, massaggiare i piedi, insomma la Domina non avrebbe dovuto muovere dito e tutte le incombenze della vita quotidiana sarebbero gravate sul servo, sempre comandato a bacchetta e minacciato di punizioni (la Padrona aveva portato con sé la frusta lunga).  Tali punizioni potevano essere comminate sia per mancanze reali laddove si sarebbe potuto fare di meglio, che completamente arbitrarie e sadiche, ad esempio tutti i giorni la Padrona mi mandava a prendere i gratta e vinci e minacciava di fustigarmi se non fossero stati vincenti; in un paio di casi si è accontentata di dirmi così per tenermi in tensione, ma, alla terza volta che il grattino era senza premi le ho prese davvero: faccia al muro, tante e con la frusta lunga. Dolore, segni sulla pelle e obbligo di espiazione per quella che Lei aveva deciso essere una mia colpa… e certo non c’era possibilità di discutere.

 Sapevo di essere in viaggio con una Padrona sadica a cui piace punire, ma mai avrei potuto immaginare di prenderle per un motivo come quello (non che ci sia in generale bisogno di un motivo, so che la Padrona può torturarmi anche solo per noia e per divertimento).

Poi, oltre alle mansioni da domestico c’erano naturalmente alcuni doveri per me un po’ più particolari: sostanzialmente fare da Sua troia personale ogni qual volta volesse prendermi in bocca e in culo con lo strap-on, fare eventualmente da troia anche per altri schiavi se fosse capitata l’occasione di sessioni a tre, e fare da Suo cesso personale, essendo io uno schiavo molto predisposto per lo scat e i giochi bagnati.

La casa era dotata di un comodo water, ma a volte la Padrona si degnava di usare invece per lo stesso scopo la mia bocca, sedendosi su un’apposita sedia wc che avevamo portato e facendomi sdraiare sotto; anche in questo caso, il servizio che si aspettava da me doveva essere perfetto, con ingoio completo, pochi rumori, disponibilità continua ed immediata, comoda sostituzione del reggi carta igienica con la mia mano, e, alla minima esitazione o ritardo da parte mia, potevo aspettarmi di essere quantomeno insultato e umiliato, se non punito.

Una delle cose che ho imparato in questo viaggio è che davvero i servi come me, soprattutto se hanno anche la delicata funzione di troie e cessi per la loro Padrona, tenuti in castità funzionano molto meglio, perché sentono di più il potere della Padrona su di loro, possono metterla al centro della loro attenzione e non sono distratti da inutili speranze di poter eiaculare prima di un tempo stabilito.

La Padrona aveva calendarizzato in questo modo la mia castità: i primi cinque giorni prima di partire e incontrarci come giorni di castità sulla fiducia, perché io non avevo una mia cintura di castità, poi appena ci siamo visti mi ha messo in castità con la cintura: il viaggio a Torino sarebbe durato, come ho detto, tre giorni, e dopo, quindi al quarto giorno, tornati a Brescia mi avrebbe fatto svuotare con la bocca da un altro Suo fedele schiavo, quindi in totale otto giorni di castità per me e degna conclusione della castità con un atto di omosessualità forzata. Naturalmente nessun contatto sessuale vi era tra me e la Padrona, e la visione delle Sue Grazie mi era concessa solo per il tempo strettamente necessario ad espletare le mie funzioni di sostituzione del wc.

L’ottavo e ultimo giorno della mia castità merita un approfondimento e un racconto più dettagliato, perché in esso ho vissuto appieno la mia condizione di servo e nullità a completa disposizione, su cui la Padrona poteva in ogni momento anche urinare e defecare, e che poteva anche violare sessualmente: ho ricevuto strap-on e sono stato usato come wc nello stesso giorno, entrambi situazioni con cintura di castità indossata, dato che la indossavo tutto il giorno tranne la notte, e comunque anche la notte avevo l’obbligo di trattenermi.

Prima di violentarmi la Padrona mi ha fatto mettere a quattro zampe nel bagno della casa e mi ha lavato interiormente con naturalezza e indifferenza come si lava una cosa; mi ha fatto l’enteroclisma, ha deciso Lei quanto tempo dovessi trattenerlo (le mie opinioni e sensazioni in merito non contavano, tanto meno la mia urgenza, e sapevo che se avessi fatto cadere anche una goccia prima del tempo potevo aspettarmi le punizioni più dure) poi mi ha lasciato da solo a svuotarmi.

Domina Von Lush è veramente energica e passionale quando usa e penetra sessualmente gli schiavi, si capisce proprio che Le piace, e ho imparato che anche uno strap on non troppo grosso di dimensioni, su una persona abituata come me, se usato con veemenza, a lungo e fino in fondo fa comunque abbastanza male.

Il “preliminare” in cui mi ha stuprato la bocca poi è stato fenomenale, davvero anche quello fino in fondo, con la testa tenuta ben ferma, insulti continui in cui mi veniva ribadita la mia condizione di troia, senza curarsi di provocare conati e senza pietà.

Dorante lo stupro vero e proprio, nel mio culo, mi ha fatto assumere la posizione classica alla pecorina, e oltre ai colpi, agli insulti alla sensazione di essere dilatato e sfondato, ricordo soprattutto le Sue unghie sui miei fianchi, con cui mi manteneva perfettamente in posizione mentre mi sbatteva. Trovare i segni di quelle unghie sulla mia pelle e vedere che sono durati per un bel po’, mi ha fatto eccitare molto, e rende l’idea della forza con cui mi teneva in posizione e mi imponeva il ritmo e i movimenti.

Tra un affondo e l’altro Domina Von Lush ha anche trovato il tempo e il fiato per paragonare il mio pene, impossibilitato ad erigersi, racchiuso nella gabbietta di castità che oscillava in su e in giù al ritmo dei colpi, al campanaccio di una mucca, e da lì in poi mucca mi ha chiamato per tutto il tempo, neanche come una sgualdrina umana mi trattava, ma proprio come un animale.

Sebbene gli insulti e il tipo estremo di uso che subivo rendessero la scena obbiettivamente abbastanza volgare, vorrei precisare che, per me, essere preso dalla mia Padrona in quel contesto, a coronamento di tutti quei giorni di servitù in 24/7, tutti trascorsi castità, è stato un momento molto intimo e romantico, e mi sono sentito come un’amante presa dal suo amato focoso, con il clistere di preparazione che nel mio imaginario era diventato una sorta di vestizione preparatoria per la notte d’amore; insomma davvero il tutto non è stato uno “stupro” se non per gioco e per rappresentazione, e la mia partecipazione a tutta la situazione è stata felice ed assoluta.

Quello stesso giorno, quando la Padrona è dovuta andare di corpo ha utilizzato la mia bocca come wc completo, per tutti gli scarti solidi e liquidi.

La cosa meravigliosa è stata che prima di cominciare a svuotarsi ha proteso il Suo piedino e lo ha strusciato a lungo e in maniera sensuale sul mio pene ingabbiato e costretto e, concedendomi molto di più dell’indifferenza che normalmente si riserva a un water di ceramica, mi ha rivolto la parola, per farmi la più derisoria e la più belle delle domande che potesse farmi in quel momento:

“Vorresti sborrare?”

Io ho cominciato a mormorare alla Dea qualcosa supplicando, dicendo di sì e quanto lo volessi, ma Lei ha tagliato corto, che di parole ad un cesso pronto all’uso ne aveva rivolte già fin troppe:

“e invece no, coglione!”

Anche le carezze col piede sul mio pene ingabbiato sono presto terminate insieme alle parole, La Dea si è ricomposta e da quel momento ho ricevuto da Lei solo piscio da bere e merda da masticare e ingoiare.

Era abbondante e io cercavo di eseguire tutti i miei doveri in quel momento, non far cadere nulla, mangiare e bere tutto, non disturbare con rumori molesti, tenere la mano destra parzialmente alzata con il dito a fare da reggi carta igienica per quando la Dea avesse finito.

“Io sono lunga quando cago” mi aveva avvertito la Padrona in occasione di un mio precedente utilizzo come cesso avvenuto il giorno prima, quindi potevo aspettarmi che, anche stavolta, la mia umiliazione da subire in castità durasse a lungo, il che quantomeno mi dava tempo di ricevere e ingoiare meglio.

Spesso la Dea, in quei momenti, mi ignora come essere umano e sensiente al punto che risponde al telefono mentre seduta sulla sedia wc mi caga e piscia in bocca, come farebbe una Signora indaffarata appunto su un normale gabinetto, ma quella volta mi ha fatto raggiungere forse il massimo dell’umiliazione, perché, complice il caso, ha risposto a una telefonata del Suo ragazzo che Le arrivava proprio in quel momento.

Ha detto a lui in modo generico cosa stesse facendo, ma inizialmente non ha menzionato la mia esistenza:

“sto cagando”, semplicemente ha detto.

Poi, solo dopo che lui ha detto qualcosa in merito che non ho udito, probabilmente ha chiesto se stesse disturbando e fosse il caso di richiamare, Lei mi ha menzionato, ma solo per comunicare al suo lui che comunque in quella situazione anche prima della chiamata non era da sola:

“sto cagando in faccia a un coglione” ha a quel punto precisato (ovviamente lui sa della Sua vita bdsm con pratiche anche estreme, e sa che il bdsm non è sesso).

Questa è stata una delle più grandi umiliazioni erotiche della mia vita, perché in quel modo, con quello strano, assolutamente imprevisto e surreale scambio di parole, era stata sottolineata la differenza enorme che ci può essere, in un rapporto bdsm, tra il ruolo di fidanzato e il ruolo di schiavo, ed era stato sottolineato l’abisso che c’è tra i due ruoli. Con il fidanzato si parla e si hanno relazioni umane ed anche sessuali, sullo schiavo invece si piscia e si caga, è solo un oggetto di trastullo e di dominio per la Padrona, il termine di una relazione di potere a senso unico.

La Padrona, che aveva capito bene quanto e come mi umiliasse quella situazione, mi ha rivolto ancora e per l’ultima volta la parola, e mi ha messo per un breve attimo in contatto col suo ragazzo avvicinando il cellulare al fondo della sedia cesso.

 “Fai ciao”.

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