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Sparapanzato sul divano. Un po' di zapping con il telecomando, ma stasera non trovo niente di interessante da guardare con cui distrarmi. Mi giro sul fianco per non pesare sul sedere. Nel muovermi lo sfrego sui cuscini e il bruciare si fa sentire. Mi fa ancora un po' male. Ma è stato bello.

Bello.

Ed è bello ripensarci.

E' bello questo dolce dolore che ogni momento mi riporta a tre giorni fa...

 

Dopo la pausa forzata degli anni della pandemia di covid, avevo finalmente deciso di riprendere a frequentare una mistress. Ho una certa esperienza, ma ricercavo una dominatrice che mi sembrasse seria, professionale, esperta, ma anche coinvolgente, sadica il giusto e magari pure bella. Fra tante, dopo attente valutazioni mi sono convinto che Domina Von Lush potesse essere la padrona ideale per i miei gusti.

Gli ordini:

04.06.2024, ore 11.39, wapp:

“...parcheggia davanti al 58 e da seduto in auto mi dovrai chiamare e ti spiegherò come   raggiungermi a piedi”

04.06.2024, 13.41, wapp:

“Portami le sigarette”

04.06.2024, 13.41, wapp:

“Marlboro blu touch”

04.06.2024, 13.41, wapp:

“Bestia”

L'emozione a questi messaggi, quel secco, degradante, “bestia”...!

04.06.2024, 14.42, wapp:

“Porta anche un caine, se lo hai, che il mio l’ho rotto l’altro ieri”

Accidenti! Non ho un cane e non c'è certo il tempo di andarlo a comprare: l'appuntamento è alle 17, per una sessione di due ore. Ma so dove c'è un boschetto con dei noccioli. Mi precipito, taglio alcuni virgulti, scegliendoli tra i più dritti e di diametri diversi. Li spelo dalla sottile corteccia, lisciando il più possibile i piccoli nodi dove si innervavano le poche foglie. Provo a farli vibrare nell'aria, mi sembrano flessibili il giusto. Speriamo siano di gradimento della Padrona.

Mi fermo per strada a comprare le sigarette. Per sicurezza ne acquisto due pacchetti.

Finalmente parcheggio, al cellulare una voce allegra e simpatica mi da le indicazioni finali.

“Permesso”, chiedo entrando dalla porta socchiusa.

E mi accoglie una splendida donna, sorridente, cortese. I lunghi capelli biondi incorniciano un bel viso solare, un aperto sorriso e due occhi vivaci che emanano calda empatia.

Capisco - e mi fa molto piacere - che ha letto con attenzione quanto i giorni precedenti ci siamo scambiati in fase di contatto. Solo in coda, infatti, mi ero permesso di accennarle alcune mie preferenze sull'abbigliamento, che per me sono un corollario rispetto alla concretezza delle pratiche da svolgere. E invece indossa una lucida tuta nera molto fetish e due splendi stivali stringati: è meravigliosa!

Due convenevoli intanto che mi spoglio. Sono già in ginocchio e sbircio attorno, curioso, vorrei già sperimentare ogni cosa. Apprezzo la pulizia della stanza e glielo dico. Mi conferma che ci tiene parecchio.

“Anzi, guarda lì... quello sporchino...”, mi dice dall'alto dei suoi stivali, “cosa aspetti? Raccoglilo!”

Faccio per prenderlo...

“Cosa fai? Con la bocca!”, intima, “gettalo lì, nel cestino, bestia!”.

E' solo l'aperitivo.

Ancora qualche piacevole minuto di conversazione, durante i quali cerca con intelligenza di farsi un'idea più approfondita delle mie esperienze, inclinazioni e limiti. Con suo disappunto, nel mio caso escludo il ball busting e il bastinado. Inoltre, visto l'inizio dell'estate, le chiedo di evitare segni sulla schiena.

Le consegno le verghe di nocciolo e le sigarette.

“Oh, addirittura due pacchetti, ottimo. Non fumo più, ma servono, servono...”, dice con una risatina sardonica. “Belli questi canes, come hai fatto?”, chiede poi incuriosita.

Le spiego. So che il legno di nocciolo per la sua flessibilità è usato per costruire archi e per ricavarne canne da fustigazione, come per il legno di betulla - birch -, da cui si dice caning e birching, che per quel che ne so sono pratiche equivalenti. Mi scuso perché sono stato preso di sorpresa ed ho fatto un lavoro frettoloso, ma le prometto che la prossima volta con più calma farò di meglio. Le faccio notare come ho cercato di lisciare i nodi affinché non feriscano.

Ride: “Cosa importa? Tanto il culo è il tuo!”

Fionda l'aria, apprezza. E i giochi hanno inizio.

Mi fa mettere le mani dietro la schiena e ci allaccia delle polsiere che unisce fra loro. Sono collegate con una cinghia ad un collare che mi cinge al collo.

Si siede comoda.

“Ti piacciono i miei stivali? Giù, merda, lecca!”

Inginocchiato, mi piego in avanti. Con le mani bloccate dietro la schiena è proprio scomodo, ma emozionato inizio timoroso ad omaggiare quelle splendide calzature.

E' un lavoro lungo. Mi deride, mi ordina di fare un pompino a un tacco, mi mette davanti al naso la suola. Devo leccare anche quella, che per fortuna è sostanzialmente pulita. Si sporge verso di me, mi solleva il mento e mi sputa in faccia, ridendo. Sputa anche in terra e mi intima di ripulire. Lecco anche il pavimento, poi lei mi porge l'altra gamba e devo ripetere tutto. Non ce la faccio quasi più a restare così piegato, quando finalmente mette i piedi a terra e si alza.

Ha in mano i rami di nocciolo che le ho portato.

Ma li appoggia sul divano e va a prendere qualcosa.

“Prima questo.”

E' un pesante cappuccio isolante, cieco, con imbottiture alle orecchie, agli occhi, alle guance e con cinghie varie da stringere. Mi toglie il collare e me lo calza in testa. Lo sistema, assicurandosi dove siano i forellini per il naso e che il piccolo foro sottostante sia ben allineato con la bocca. Cala il buio, la sensazione è bellissima: schiavo, completamente in suo potere. Lei tira decisa i lacci intrecciati dietro la nuca, armeggia con le cinghie e serra anche quelle.

“In piedi, bestiaccia!”

Mi guida per qualche passo. Ho ancora le mani legate dietro la schiena, urto contro a qualcosa con la pancia.

“Appoggiati!”

Immagino sia il lettino ginecologico.

“Stenditi!”

Ho il dubbio se devo salirci...

“Piegati, sveglia, a pancia in giù!”

Mi stendo in avanti, con un po' di difficoltà per le mani bloccate.

Me le sgancia. Mi fa pendere le braccia ai lati, poi sento che ci armeggia. Mi rilega insieme i polsi e mi ritrovo inerme ad abbracciare il pianale del lettino. Volto la testa di lato e la poso dalla parte dell'orecchio, assicurandomi che il foro della bocca non appoggi sul lettino e resti ben libero per respirare.

Sento qualcosa sulla schiena e lei che si da da fare. Realizzo che mi sta avvolgendo del film estensibile attorno al tronco, passandolo con ripetuti giri sotto il pianale e così vincolandomi definitivamente al lettino.

Cieco, la musica ovattata in sottofondo, bloccato e piegato a 90: la sensazione di impotenza e l'ansia per quello che immagino stia per succedere mi pervadono e mi eccitano.

“Scusate, Padrona...”, oso timoroso.

“Cosa cazzo c'è?”

“Voi ci tenete alla pulizia, ma mi sa che sto sgocciolando...”, mi vergogno di dirle.

“E' vero, guarda questo come perde!”, conferma, “ma adesso ci penso io...”

Una pausa, poi la sento toccacciarmi il pene. All'improvviso una forte fitta.

“Ecco fatto, così non sgoccioli più!”, ride lei.

Deve avermi pinzato il prepuzio con qualcosa che stringe parecchio.

Una pausa, poi tic, tic.

Due lievi colpetti di prova sulle natiche.

Tic.

E poi arrivano.

Stilettate, stilettate e ancora stilettate.

Stringo i denti per non lamentarmi, dimeno le anche per quel poco che posso cercando inutilmente di fare in modo che i colpi non si ripetano sullo stesso punto.

“Resta fermo, coglione!”

Prova i vari canes, il dolore non è sempre uguale. A volte sono fitte acute, altre volte un male più profondo. Oggi, a freddo, penso dipendesse dal diverso diametro dei rami.

Faccio di tutto per non urlare, mi agito tutto per quanto riesco.

“Tieni larghe quelle gambe!”

Le staffilate si susseguono impietose, non riesco a mantenere fermi i piedi.

Si interrompe, la pausa è più che benvenuta.

Ma poi le sue mani mi afferrano i coglioni. Sento che me li lega che m vengono tirati verso il basso. Penso che me li stia assicurando tirati in giù per darmi meno possibilità di muovermi.

Quando mi lascia ho lo scroto in tensione.

Ricomincia a battermi, ma adesso alle fitte dei canes si aggiunge un dolore a un testicolo. Cerco di fare il furbo, tentando di scivolare un pizzico indietro sul lettino e provando ad abbassare un minimo il bacino. Niente da fare, la tensione ai coglioni non diminuisce, non riesco più a muovermi con il culo e i colpi si susseguono implacabili.

Alle palle sono sempre sensibile, è un genere di dolore sordo che se cresce troppo mi diventa insopportabile. Avei terrore di una sessione di ballbusting! Ora un testicolo mi tira davvero troppo, non ce la faccio più. Mi vergogno e mi maledico, ma cedo e lo faccio capire alla Padrona.

Ancora due stilettate, ma poi pietosa mi scioglie i coglioni.

“Peccato, erano 4 chili...”, commenta.

E io scemo che pensavo che mi avesse legato in basso da qualche parte e cercavo di abbassarmi per allentare la tensione!

Ricomincia a battermi, colpi secchi, cadenzati, inframezzati da qualche insulto.

Respiro affannosamente, resisto a fatica e anche se non cedo la Padrona se ne rende conto.

“Poverino, ti lascio riposare un po'”.

Il tono è canzonatorio, ma in effetti si ferma. E' con mia emozione che un suo dito mi sfiora i glutei.

“Che bel culo a strisce!”, commenta.

 

C'è una pausa, più che benvenuta. Cerco di rilassarmi e di regolarizzare il respiro.

Poi sento che mi libera dal cellophane e mi slega le mani.

“Tirati su, bestia!”.

Mi raddrizzo e mi alzo in piedi, un po' incerto nella mia totale oscurità

“Girati e siediti!”

Spingendomi alla cieca con le mani riesco a salire sul lettino. Mi fa sdraiare all'indietro, supino, di nuovo con le braccia a penzoloni e di nuovo mi lega i polsi al di sotto.

“Riprenditi, dai che ti faccio anche bere...”

Dai rumori capisco che si è allontanata.

“Dov'è la cannuccia?”, la sento chiedersi, “Ah, eccola...”.

“Dov'è il buco? Qua..”

Mi sta infilando una cannetta dal piccolo foro del cappuccio.

E' un attimo, poi il liquido inizia a fluire e mi riempie la bocca: è il suo nettare divino!

“Ti piace il mio piscio, cesso?”

Non posso rispondere, mugolo cercando di emettere un verso affermativo.

Ride.

Ma non è vero, non mi piace, il sapore è intenso, acre, e lo sento fino in gola.

Deglutisco, ogni tanto con la lingua ostruisco la cannuccia per rallentare il flusso.

Ma quant'è? Finalmente finisce...

Lei estrae la cannuccia.

“Grazie, Padrona” riesco a biascicare da dentro il cappuccio.

Mi strizza dolorosamente un capezzolo: “Bravo, merdaccia!”

Sono umiliato, con un saporaccio in bocca che mi sembra di sentire fin nello stomaco.

Umiliato, ma contento di essere riuscito a berla tutta.

Mi rilasso un attimo, ma all'improvviso, inaspettato, un bruciore al petto.

Si ripete, da un capezzolo all'altro, più volte.

Non capisco, sembrano scottature: cera? sigaretta?

Non capisco, ma fa male, accidenti!

Poi ai genitali, sobbalzo, poi ancora al petto...

Finalmente una pausa.

Non capisco, non capisco più niente, è un turbinio di sofferenze e di emozioni. Provo sommessamente a suggerire alla Padrona che forse si potrebbe togliere il cappuccio. A me piace molto, ma da un lato adesso vorrei rendermi conto meglio di cosa succede, dall'altro so che a chi domina spesso piace di più vedere le reazioni di chi subisce.

Me lo toglie, respiro con soddisfazione, ma anche lei commenta con piacere:

“Oh, bene, mi sembrava di avere a che fare con un cadavere...!”

Un cadavere un po' agitato, commento fra me e me.

Ma non ho tempo per pensare. Torna con in mano qualcos'altro che mi avvicina al viso. Mi ficca in bocca un gag a tubo e me lo allaccia stretto dietro la nuca. Il tubo è largo e lungo, arriva ben oltre i denti. C'è un tappo attaccato ad una catenella, tipo lavandino. La Padrona si sporge sopra la mia faccia, mi fa colare in bocca la sua saliva, e chiude il tappo.

“Sei proprio un cesso”, ride divertita.

Con la coda dell'occhio la guardo allontanarsi verso il divano, dove si accende una sigaretta.

“Un po' di relax, cesso, cosa ne dici?”

Mugugno un verso che vorrebbe essere affermativo. Quel tubo in bocca è scomodissimo, mi costringe a tenere le mascelle divaricate in modo innaturale e di fatto non riesco a parlare.

Torna. Qualche boccata, il fumo soffiato in faccia, poi apre il tappo e scrolla la cenere. Mi arriva dritta sulla lingua. E' decisamente calda, per fortuna non scotta troppo, ma il sapore è disgustoso, peggio del suo divino nettare. Non posso far altro che deglutire, cercando di auto-sciacquarmi la bocca con la mia saliva. Ma è inutile, perché presto arriva altra cenere.

Apre e chiude il tappo, rilassata, deridendomi.

“Te la spengo sul cazzo?”

Tremo, ci avvicina la mano, lo tocca appena con la punta della sigaretta.

Brucia, ma per fortuna è di buon cuore: mi scotta varie volta, ai genitali e vicino ai capezzoli, io sono in tensione, ma il tocco è sempre lieve.       

“Ti risparmio la cicca...”, dice infine spostandosi.

Sono sollevato. Non me l'ha spenta addosso brutalmente e forse è mancato il degrado ultimo, ma non so se sarei stato capace di ingoiare il mozzicone.

Ma è di nuovo lì davanti. Ha preso il rotolo del film elastico.

“Unisci le gambe!”

Eseguo, e lei mi blocca anche quelle al lettino, avvolgendo il tutto con ripetuti giri di cellophane.

“E' un vero peccato non fare un po' di bastinado...”, afferma con un sorrisetto sardonico.

E' vero, i piedi così esposti lo meriterebbero, ma ho dei problemi di fascite plantare che non voglio aggravare ed è per questo che - insieme al ballbusting - è una delle due pratiche che ho assolutamente escluso in fase di contatto.

La Padrona rispetta il limite, ma con le dita mi solletica lieve la pianta di un piede.

Mi prende di sorpresa, scarto.

Lei insiste, io mi agito.

Mi guarda negli occhi e ride.

Ride e ci prende gusto.

Lo soffro come non avrei mai pensato. Cerco di incrociare i piedi, di arcuarli, di sovrapporli per riparare una pianta o l'altra, è terribile!

Insiste, lei si sta divertendo.

Mi agito come non mai, cerco di scalciare, di sfuggire. Con la forza inconsulta che ci metto riesco persino a divincolare le gambe e a farle scivolare indietro, allentando la stretta del cellophane.

“Tieni ferme quelle gambe, coglione!”, sbotta tra l'adirato e il divertito.

Riallungo le gambe, ma non appena lei riprende non riesco a non sfuggire un'altra volta.

Pietosamente si ferma.

E' stato tremendo! Nei contatti avevo scritto che alcune pratiche non mi interessavano particolarmente, ma le avrei comunque ritenute fattibili e doverose se di gradimento della Padrona. Una era proprio il solletico. Anche adesso, subendolo, non ne sento nessun lato erotico, ma come tormento l'ho scoperto irrazionalmente insopportabile. Mi resta la non trascurabile soddisfazione di aver fatto divertire la Padrona.

“Dai che mi scappa ancora...”, mi sembra che dica allontanandosi.

Torna con le mani occupate. Apre il tappo, mi infila un imbuto, e ci versa altro del suo nettare divino. Il tubo dell'imbuto è più largo della cannula di prima, vengo inondato quasi di sorpresa. Con in bocca il tubo del gag non riesco ad usare la lingua per rallentare il flusso e devo deglutire in tutta fretta. Sento il liquido arrivare nello stomaco, mentre il  saporaccio residuo di cenere è lavato via da quello solo un poco meglio di urina.

Scrolla l'imbuto e lo leva.

“Toh, tiene anche questa...”, esclama, e attravero il gag mi lascia cadere in bocca della carta igienica appallottolata.

Tagliando con una forbice mi libera dal cellophane. Mi slega le mani.

“Tirati su!”

Mi leva il gag. E' con sollievo che posso richiudere la bocca e inizio a masticare la carta. Mi raddrizzo, vedo adesso che il prepuzio è stretto in una morsa da una di quelle specie di mollette che si usano in casa per sigillare i sacchetti.

Si è spostata vicino alla scala a chiocciola che porta al piano di sopra.

“Vieni qua!”

Scendo dal lettino e la raggiungo.

“Ma la stai ancora masticando?”, mi schernisce.

Riesco ad inghiottirla tutta, mentre lei mi fa alzare in alto un braccio ed aggancia la polsiera ad una cinghia che penzola dall'alto. Idem con il secondo.

“E ora proviamo la mia prediletta snake!”

Non me lo aspettavo. O forse sì. Caning e frusta insieme...

Fronte al muro, nudo, esposto, quasi sulla punta dei piedi, temo ciò che verrà.

Sento il rumore di uno schiocco.

Sobbalzo alla prima sferzata. Sottile, acuta.

Inizia piano, dilazionando i primi colpi.

Ma poi prende il ritmo e le frustate si susseguono regolari, secche, dolorose,

Stringo i denti tentando di non lamentarmi, mi dimeno cercando di fare in modo che i colpi non si ripetano sullo stesso punto.

Quando la sferzata si allunga verso il davanti, quando la punta della lacinia raggiunge i fianchi, il dolore è massimo, fa un male cane!

“Resta fermo, coglione, non girarti!”

Non sono “due colpi e fine”. Sono sonore frustate, frustate e ancora frustate!

Mi rendo conto che lei è davvero brava, proprio come avevo intuito leggendo alcune sue discussioni in internet. Non è frenetica, attende un attimo prima di ripetere il gesto. Distribuisce con sapienza i colpi, anche se ogni tanto sconfina un po' oltre il culo, in particolare sulla parte alta delle cosce.

Sì, mi rendo conto che è brava, ma sul momento non riesco ad apprezzarlo, sono concentrato sul cercare di sopportare il male.

Faccio di tutto per non urlare, con le mani stringo le cinghie che mi tengono tese le braccia. Mi strozzo in gola i lamenti serrando le labbra, ma poi qualche grido sfugge.

Si ferma, mi sistema in bocca una ballgag stringendo bene il cinghiolo.

La pausa è provvidenziale, ma subito riprende a fustigarmi.

Ogni tanto penso cambi tipo di frusta, anche se io non vedo cosa sta usando. Il male non è sempre lo stesso, a volte sono staffilate lancinanti, a volte i colpi sono più pesanti. E' difficile dire cosa sia peggio, anche se il dolore così acuto delle staffilate è forse quello più atroce.

“E sta' fermo, bestia, che devo disegnare la mia ragnatela!”

Non so quanto sia andata avanti, so solo che il meccanismo di rilascio delle endorfine di cui parlano nel mio caso non è entrato in funzione!

Quando finalmente mi toglie la ballgag e mi libera le braccia, mi inginocchio a baciarle i piedi, sfinito, esausto, ma assolutamente riconoscente, quasi felice!

“Brava cagna, ora seguimi, a quattro zampe!”

Pensavo fosse finita...

Mi conduce in un minuscolo bagno di servizio, un lavabo e un water. Con una pedata mi spinge avanti. La tavoletta è alzata.

“Ecco il tuo posto! Giù!”

Mi schiaccia la testa dentro il water, premendomela contro il fondo. Mi afferra le mani e me le ammanetta dietro la schiena agganciando le polsiere. Calca ancora decisa la testa e tira lo sciacquone, inondandomi d'acqua.

“Sei fortunato che non mi scappa da cagare!”, esclama, “però... aspetta...”

Si siede pesantemente sulla mia schiena e rilascia un sonoro peto!

Si rialza e tira di nuovo lo sciacquone.

“Adesso te ne resti qua, pezzo di merda! Sei proprio un cesso!”

Sono rimasto lì, senza osare muovermi, con il culo in fiamme, denigrato, umiliato, la testa infradiciata dentro a un water, ma incredibilmente appagato da tutto quanto subito.

Quando finalmente torna mi sgancia le polsiere e da un rotolo di carta strappa dei fogli per asciugarmi alla meno peggio la testa. Lascia che mi levi da solo la molletta che così a lungo mi ha sigillato il prepuzio. Toglierla mi fa parecchio male: è l'ultimo, piccolo supplizio.

Mi concede di farmi una doccia rinfrescante al piano di sopra, ma mi ingiunge di asciugarmi il culo con la carta e non con una salvietta per non sporcarla di sangue.

Quando ridiscendo scambiamo amichevolmente quattro chiacchiere. Parliamo di pratiche, di bdsm, cerco di esprimerle tutta la mia soddisfazione e la voglia che già ho di tornare e di provare altre così intense emozioni.

Oggi, venerdì sera, con l'orgoglio di un culo che ancora brucia e di un capezzolo un po' dolorante, spero ardentemente di riuscire a tornare presto a baciare quei piedi meravigliosi, a soffrire per il piacere della Padrona, ad essere il cesso di quella splendida, sublime, donna che è Domina Von Lush.

Ed ho scolpita nella mente la sua frase di congedo:

“E questa volta non ti ho fatto il culo...”

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