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Non c'è niente di peggio delle restrizioni che  imponiamo a noi stessi, dei dinieghi auto inflitti per reprimere la nostra indole confondendoci anonimamente con chi ci circonda, finendo per assumere la morfologia di un'ombra indistinguibile da tutte le altre.
In un periodo della mia vita scandito da svariate sfumature di grigio (due mesti anni di covid, ora pure i venti di guerra, una rottura sine die), ho deciso di punto in bianco che era arrivato il momento di liberare una parte di me che, per oltre quarant'anni, era rimasta in disparte, soffocata sul nascere ogniqualvolta bussava alla porta cercando vanamente un pertugio per uscire allo scoperto. 
Così, mi guardo intorno, a dire il vero sprovvisto di una ferrea convinzione, ossia mi affido a Google e scopro che proprio nella mia città risiede chi potrebbe fare al caso mio: Domina Von Lush. Leggo la sua presentazione, osservo qualche foto e, dopo aver letto alcuni resoconti pubblicati dai suoi schiavi, decido che era il caso di gettare il cuore oltre l'ostacolo, di chiedersi, if not now, when? 
Seguendo le indicazioni, le scrivo una mail educata e trasparente, trattandola fin dalle prime battute per quello che desidero ardentemente diventi, ovvero la mia padrona, a cui affidarmi - sottointeso, sottomettermi - per andare in avanscoperta in territori sconosciuti, sperimentando ciò che in precedenza avevo esclusivamente fantasticato a occhi chiusi. 
In breve, programmiamo un incontro, nei giorni precedenti percepisco un po' di - penso comune e sana - tensione ma appena la vedo basta un suo sorriso per accettare il fatto di spogliarmi nudo come un insignificante verme e inginocchiarmi inerme davanti a lei. 
Dopo una conversazione conoscitiva, che mi mette definitivamente a mio agio (la mente gioca sempre un ruolo tanto cruciale quanto sottovalutato), di punto in bianco partono le danze con una prolungata sessione di adorazione dei suoi meravigliosi piedini, incorniciata da sputi, schiaffi, pedate, condimenti che non fanno altro che incentivare la mia volontà di venerarla, strisciando al suo cospetto. 
Subito dopo, mi lega come un salame e comincia ad armeggiare ad libitum con la sua variegata strumentazione. Passo ripetutamente da una sensazione di piacevole godimento a una di patimento fisico, in un percorso frastagliato e appagante di avvicinamento all'assaggio della sua collezione di fruste. 
In questo frangente, parliamo di autentica resilienza (figurarsi che da maschietto mi bastano due linee di febbre per sentirmi sotto un treno), il dolore cresce ma non ho la minima intenzione di interromperla, anche perché di tanto in tanto si ferma per qualche secondo in modo tale da stemperare il bollore della mia pelle. Subisco con tanto di campanaccio al collo, cosicché a ogni colpo inferto corrispondono un gemito e un suono stridente che mi fa sorridere, ovviamente sempre a denti stretti per contenere le reazioni e non arrecare alcun disturbo alle operazioni in corso, seguendo con inaspettata disinvoltura la sintonizzazione logica padrona/schiavo e dare/ricevere, esercitata sotto il tridente rispetto/limiti/pulizia. 
In ogni caso, comincio ad accusare il colpo e ho parimenti perso la cognizione del tempo (la sessione è di due ore, non saprei dire a che punto siamo), la padrona mi disinfetta perché da alcuni segni esce un po' di sangue e poi si ricomincia, in un mix contrassegnato di tanto bastone (in alcuni momenti, letteralmente) e un po' di carota. Mi trasformo con assoluta deferenza nel suo personale posacenere umano, nel suo pony e in uno zerbino da calpestare, porgo tributo alla sua bacheca di calzature, i capezzoli - ormai martoriati - sono sensibili al minimo sfioramento, mentre lei cerca ripetutamente di convincermi a solleticare il mio ano ma, con fare diplomatico e nonostante una mia crescente curiosità, rinvio alla prossima occasione. 
Chiudiamo la pratica con una fluviale pipì - a conti fatti, data la quantità degna di un'innondazione, non so come sia riuscita a trattenerla così a lungo - sul mio viso, un'altra pratica che non sapevo minimamente come avrei accolto e invece ammetto che mi è garbata oltre ogni rosea previsione, la definirei una calorosa umiliazione, la classica ciliegina sulla torta. 
Terminate le due ore, per il sottoscritto volate via in un lampo, chiacchieriamo amabilmente (mi accorgo solo in un secondo momento, per circa un'ora) e anche per il fatto di essere praticamente nati e cresciuti nella stessa realtà geografica, apprezzo una sincera complicità nella conversazione, ovviamente con la padrona seduta comodamente sul divano mentre il sottoscritto era spiaggiato con la chiappe scorticate sul pavimento (il fresco è stato comunque particolarmente gradito, distensivo dopo l'intensa fustigazione ricevuta), insomma ognuno deve sempre stare nella posizione che gli spetta - lei da regina, io da paggio -, nel solco di un indispensabile e apodittico rispetto, con il giusto commiato che non poteva identificarsi in nient'altro che nel baciare per l'ultima volta i suoi piedi. 
In poche parole, riassumendo, è un'esperienza che ripeterò prossimamente e che caldeggio soprattutto - ma non solo, ovviamente - a chi ha bisogno di fugare dei dubbi e di lasciarsi andare, di essere stimolato, accompagnato all'imbocco di un inedito viatico. La padrona ha il polso della situazione a 360 gradi, valutando quando menare come un fabbro ma anche se e come rallentare temporaneamente. Tra risate di scherno e rassicurazioni, sussurri e sospiri, guida le operazioni e ti prende per mano (sarebbe più indicato dire, al guinzaglio), è sottile nei modi, talvolta paradisiaca più spesso infernale, deliziosamente subdola nel tentativo di allargare il compasso dell'iniziativa motivando lo schiavo, senza comunque obbligare a fare nulla di non consapevolmente voluto, portando così a galla quello che realmente desideriamo ma non abbiamo il coraggio di ammettere, sostanzialmente incentivando la ricerca della felicità attraverso binari usualmente trascurati.
Passando al mio punto di vista di uomo mediamente riservato, usualmente fin troppo trattenuto e avvolto da mille pensieri, ho constatato quanto sia più facile aprirsi quando ti metti a nudo, abbattendo le barriere di tutti i giorni per stanare e mostrare se stessi come non siamo più abituati a fare. 
Grazie di tutto, padrona. 

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